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ALINA

Racconti Italiani / No Comment / March 21, 2013

Era abituata a correre per i mari, libera e felice. Ogni giorno s’infilava nella corrente e di volta in volta si lasciava trasportare, o tagliava le onde, o si tuffava in profondità per poi lanciarsi in aria come un missile, creando una miriade di spruzzi. Il mare, il suo elemento, le era amico, familiare. Anche quando s’alzava il vento e si preannunciava una tempesta, non si faceva intimidire. Conosceva bene le anse, gli anfratti rocciosi, i pericoli ai quali poteva esporsi. Era sempre stata avventurosa. Quando, ancora piccola, la mamma le faceva da guida, aveva il suo da fare per tenerla d’occhio, per non farla allontanare troppo. Ma durante tutti quegli anni Alina aveva imparato a trarsi d’impaccio, ora non c’erano più segreti per lei. Anche quel giorno, in cui si divertiva a fare a gara a chi correva di più, riusciva a staccare tutti e a scappare lontano.

Godendosi un momento di riposo in superficie lasciò correre lo sguardo sul filo dell’orizzonte e qualcosa attrasse la sua attenzione. Non sembrava nulla di noto; ne’ una piccola imbarcazione, ne’ un grosso pesce affiorato. Si avvicinò piano piano, incuriosita. Riusciva solo a distinguere come un piccolo manto colorato e disteso sulla superficie dell’acqua, come un lungo velo adagiato su di una sagoma sconosciuta. Magari nascondeva un tesoro…Ma no! Era un uomo, semplicemente un uomo che si teneva faticosamente a galla, la testa emersa appoggiata ad una sottile lista di legno.

Cosa ci faceva così lontano? Non si sentiva provenire nessun suono, ne’ un gemito, ne’ un movimento che facesse capire se era ancora vivo o morto. Avvicinandosi di più vide un viso emaciato, due occhi spalancati nel vuoto che si chiedevano perché’. Provò pietà per quell’essere sfortunato; si accostò e piano piano si fece scivolare sotto di lui. L’uomo l’abbracciò delicatamente, abbandonandosi, sempre senza una parola, ne’ mostrando stupore per quell’inaspettato ritrovamento. Non sembrava disperato, ma solo rassegnato alla sua sorte. Alina sapeva cosa doveva fare. Aveva visto tante barche in movimento giungere da un punto della costa; percorrevano regolarmente quelle acque. Sicuramente era un pescatore che si era rovesciato e aveva perso la sua imbarcazione. L’avrebbe riportato a riva, al suo villaggio.

 

“E così, dopo due giorni che l’avevano dato per morto, gli abitanti lo videro giungere a riva al collo della delfina e risalire, barcollante e inzuppato, il breve sentiero che collegava la spiaggia alle prime abitazioni. Sembrava un miracolo. Le acque del Mar Rosso sono infestate da squali, nessun naufrago ne era mai ritornato vivo.”

“Ma Nahib, dimmi, come mai nessuno della sua famiglia è andato a cercarlo?”

“Asib è sordo-muto fin dalla nascita e la madre lo ha abbandonato; quando lo hanno trovato, ancora piccolo, è stato portato qui e, per compassione, gli hanno dato da mangiare e offerto un piccolo rifugio, ma non ha nessun legame con la gente del posto. Però, dal giorno del suo mancato naufragio, ogni tanto Alina ricompare. Lo chiama con il suo vocalizzo garrulo e Asib s’immerge nel mare, e insieme iniziano una danza che ha significato solo per loro. “

<<Grazie della tua amicizia, grazie per avermi dato la vera vita. Ora so che non sono più solo. Un’altra creatura, anche se così diversa da me, condivide i miei pensieri, il mio amore per il mare, per questo luogo di solitudine dove io ho incontrato la mia compagna ideale>>

E Alina sembra rispondere:

<<Ciao uomo speciale! Non esprimi parole vuote, come capita a tanti tuoi simili; il tuo essere è puro, come in nessuno degli individui della tua specie; tu possiedi la vera conoscenza delle cose, non devi sforzarti per sentirti tutt’uno con la natura che ti circonda, per penetrare nella sua essenza.>>

“Che bella storia Nahib, sembra una favola! Ma come fai a sapere che Alina verrà di nuovo qui al villaggio?”

“Perché’ ha partorito di nuovo. E viene sempre a far conoscere la sua prole ad Asib.”

“Be’, intanto che aspettiamo, magari faccio un tuffo in acqua e mi rinfresco un po’….Accidenti! No, che male! Ho messo il piede sopra un riccio di mare! Che sfortuna!!!”

“Ahi! E ti sei anche infilzata una spina bella grossa. Cosa possiamo fare? Aspetta! Mi hanno detto che Asib è bravissimo a guarire quasi tutto. Sembra che abbia un dono speciale per curare tutte le malattie e infezioni. Vedo se lo trovo e se può venire. A te va bene, vero?”

“Ma certamente, cosa ti fa pensare che non lo sia? Non mi conosci?

“Si, ma sai, non è poi così  scontato…”

“Vai, vai a chiamarlo.”

Aspetto il loro ritorno, fiduciosa e piena di speranza. Il bruciore è molto forte; strizzo gli occhi e stringo i denti. Che male cane! Intanto penso a quante cose straordinarie possono capitare nella vita, a come il destino non guarda in faccia a nessuno, belli o brutti, ricchi o poveri, persone felici o scontente.

Lo vedo arrivare da lontano, ricurvo. E’ piccolo e minuto, vedendolo mi da’ quasi l’impressione di un cartoccio stropicciato; si capisce che ha vissuto una vita di stenti e privazioni.

Il viso è una ragnatela di rughe, dalla quale emergono occhi chiarissimi, quasi cerulei. Ma lo sguardo è fermo e gentile, e io me ne lascio conquistare. Ha in mano una piccola ciotola dalla quale estrae una sostanza pastosa che inizia a spalmare sulla parte ormai gonfia.

Mi spiega Nahib che quello che mi sta applicando sul piede è un composto di sale e limone; al momento brucia un po’, ma la spina dopo breve tempo dovrebbe uscire. Mi accorgo che non me ne importa niente del male, del dolore, delle fitte che salgono lungo la gamba; guardo quell’uomo straordinario che nessuno nota, quel “diverso” ostracizzato dalla sua gente, deriso e preso di mira dai bambini. Lo osservo con profondo interesse  e vedo che, serenamente,  anche lui ricambia il mio sgardo. E’ la prima volta, forse, che qualcuno lo contempla con partecipazione, che scruta nel suo intimo, per coglierne la sua anima semplice e trasparente, e acquisirne calore e nobilitazione. Ci fissiamo per un po’, riconoscendoci, una giovane e ricca donna occidentale ed un vecchio beduino illetterato e menomato, e per un istante condividiamo lo stesso alito di vita.

La spina è uscita. Lentamente, come è venuto, Asib si alza e si allontana, scomparendo dietro ad alcune casupole bianche, ma mi lascia una fresca sensazione di  pace e riposo.

Alina non è venuta, ritenteremo domani.

Il mattino successivo mi alzo, faccio un’ abbondante colazione in albergo e poi mi avvio pigramente alla spiaggia. Le mie bambine sono già lì che giocano. Non stanno più nella pelle per l’eccitazione del preannunciato evento. Torneremo al villaggio nel pomeriggio. Nahib è sicuro che questa volta Alina verrà. Do una rapida e distratta occhiata al giornale; in vacanza non viene nemmeno voglia di leggerlo, sempre le solite tristi notizie… All’improvviso mi giunge un immenso frastuono, che proviene dalla riva. Che succede? Qualcuno si è sentito male? Dove sono le ragazzine? Vedo che seguono una frotta di persone che entrano in mare e iniziano a nuotare. C’è Alina! E’ lei! E’ arrivata qui! Non si è spinta più in là, fino al villaggio.

Entro in acqua anch’io e, invece di mettermi freneticamente a nuotare, come il resto delle persone, rimango a galla, ferma, osservando quella creatura meravigliosa, possente ed elegante che con leggerezza si libra in aria e ricade tra le onde, dalle quali riemerge creando un’infinità di luminose bollicine, per poi falcare di nuovo la superficie. O Alina, come sei libera e felice, ammiro la tua perfezione, l’armonia che condividi con il tuo elemento. Vorrei potermi anch’io innalzare e sentire parte di questo grande disegno della natura, fondermi con te e con tutte le creature viventi. O Alina, tu sei una mamma! Sono una mamma anch’io, vieni, avvicinati a me….

Che strana sensazione. E’ come se qualcuno mi chiamasse. Non voglio esser distratta. E’ troppo divertente vedere come questi bipedi sono buffi e goffi nel mare. E credono di potermi stare dietro e avvicinarsi a me. Come quelle due bimbe che con foga mi hanno quasi raggiunto. Lascio che facciano ancora due bracciate…ecco, adesso me la svigno…come mi sto divertendo! Ehi, come mai quella donna rimane ferma in acqua e mi osserva sorridendo? Non sembra avere cattive intenzioni e non sembra come tutti gli altri. Che strano, vedo emanare dal suo volto come una sensazione di pace, mentre osserva le mie evoluzioni. E’ come se comunicasse con me. Sento i suoi pensieri farsi strada nel mio corpo, attraversarlo. In fondo siamo fatti della stessa materia. Sì, siamo simili, siamo due mamme, abbiamo la stessa energia vitale. Ciao creatura terrena, sì, ti ho riconosciuta, siamo parte dello stesso disegno. Adesso mi avvicino, voglio toccarti, sentire il contatto del tuo corpo e per un attimo sentirci un unico insieme …

Fu così che Alina si rituffò e giocò tra le mie gambe. In quell’ unico meraviglioso istante il tempo si fermò e il cerchio della vita sembrò risucchiarci in un abbraccio privo di barriere o confini di ogni sorta o natura, irripetibile momento di straordinaria armonia.

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