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RICETTE AMARE

Racconti Italiani / No Comment / June 10, 2013

Era un giorno come tutti gli altri, ma quel mattino Nurayat, mentre si recava al cantiere, aveva il cuore che cantava. Aveva sognato Ameya, un sogno così vivido che gli era rimasto stampato sulla pelle. Ameya che gli sorrideva, il viso reclinato da un lato e il suo dolcissimo sguardo invitante. Era impegnata a preparargli il suo piatto preferito, quello che in occasione di ogni suo compleanno, la teneva impegnata per tutta la giornata.  I bambini sedevano vicino al fuoco, tranquilli e curiosi, e osservavano  la madre intenta in quella lenta preparazione che si tramandava di generazione in generazione. La loro figlia maggiore Vonita, di 7 anni, l’aiutava a rifinire e decorare le forme che nel forno si sarebbero trasformate in deliziose pakora aromatiche e croccanti.

Un mese, ancora un mese e poi le avrebbe riviste! IMG_1171Quella mattina non si sentiva più come il guscio vuoto che ogni giorno veniva meccanicamente trasportato al lavoro per un turno lungo e massacrante, compensato da poche rupie. Mentre martellava e staccava i grandi pezzi di acciaio delle lamiere della nave per renderle riciclabili, ripensava alle mani di Ameya che impastavano con tratto sicuro e delicato il composto che doveva risultare morbido e compatto; conosceva il tocco di quelle mani, la dolcezza con cui sapientemente sapeva accoglierlo tra le sue braccia e percorrere le pieghe della sua pelle arrostita dal troppo sole. Chiuse gli occhi per un attimo, come per assaporare meglio quel momento. Gli sembrò di volare da lei.  Quando i suoi compagni riuscirono a recuperare il corpo dal profondo ventre squarciato della nave,  sul suo viso aleggiava ancora un sorriso.

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Yussuf lavorava alacremente. Metteva tutta la sua lena ed energia nell’assemblare velocemente e con perizia i pezzi d’acciaio che avrebbero costituito il motore principale. Non si curava ne’ del sudore che gli colava copioso sul petto, ne’ della polvere densa e soffocante che s’insinuava nelle pieghe della pelle e nei suoi polmoni. Attorno a lui i compagni si muovevano lentamente, fiaccati dal caldo, dall’umido e dal poco riposo. Uomini senza volto, espressione, ne’ storia. Privati di ricordi ormai lontani, si muovevano come tanti soldatini arrugginiti, giocattoli ormai rotti e dimenticati. Senza ferite apparenti, nei loro occhi vacui distinguevi un dolore che attraversava i confini del tempo.IMG_1186 Yussuf sentiva un sapore amaro in bocca, una rabbia sorda. Non aveva potuto riabbracciare la madre nel momento della sua scomparsa; non gli avevano dato il permesso di vederla per l’ultima volta, pena la perdita del lavoro. La vedeva col pensiero seduta nel suo angolino vicino al fuoco, i suoi occhi annebbiati dal glaucoma, ma che vedevano con lo sguardo dell’amore gli altri figli che rientravano dal lavoro nei campi. Terreni aridi, spogli e avari anche nel dare frutti. Ma quel poco bastava alla sopravvivenza della grande famiglia e la mancanza di conforto veniva compensata dall’armonia che regnava e che li legava gli uni agli altri. Nonostante la sua menomazione mamma Anu, con gesti rapidi, sicuri e antichi, ancora aiutava figlie e nuore, in occasione delle poche celebrazioni festive, a preparare piatti prelibati come montone al curry e intingoli di verdure, come un rito propiziatorio e di benedizione per il futuro della famiglia. Nel fare questo era insuperabile, nessuno la poteva uguagliare!  Yussef non sarebbe partito da quel benevolo mondo, se non per il desiderio  di poter guadagnare i soldi necessari all’ operazione per ridare la vista alla madre, per rivedere ancora i suoi occhi sorridenti, dolci e pieni di gioia al vederlo di nuovo con lei, occhi riconoscenti per la dedizione con cui veniva accudita, aiutata e protetta in un ambiente caldo e sicuro.  La sofferenza per quella perdita rendeva Yussuf cieco di rabbia. Doveva sfogare il suo dolore in qualche modo. Battendo ancora più freneticamente e scatenandosi con tutto l’accanimento che aveva in corpo, riprese a dare colpi ancora più forti e tenaci, tendendo i muscoli spasmodicamente fino all’inverosimile. Non si accorse nemmeno di perdere quel fragile equilibrio sul quale si trovava in cima alla scala. L’ultima visione della sua breve vita furono gli occhi luminosi ed ardenti d’amore di sua madre che, con una carezza, lo accoglieva nella sua nuova dimora.

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